RECENSIONE "BELLEZZA E TRISTEZZA" DI YASUNARI KAWABATA
Titolo: Bellezza e tristezza
Titolo originale: Utsukushisa to kanashimi to
Autore: Yasunari Kawabata
Editore: Einaudi
ISBN: 9788806133986
Pagine: 171 p.
Prezzo: €10,50
Genere: Romanzo
Anno di pubblicazione: 1993
Trama
Dal groviglio di ombre e di ossessioni che scandiscono ogni storia d'amore, Kawabata tratteggia i personaggi di questo suo romanzo e li introduce in uno strano paesaggio sentimentale; Otoko e la sua bellissima e giovane allieva; un ragazzo ingenuo e appassionato; la moglie di Oki che ha sepolto nelle cure della casa tutto il suo carico di rancori e gelosie. In questa atmosfera grigia, crepuscolare, e quasi rassegnata, irrompe a un certo punto un'ondata di passione torbida e impetuosa. Ognuno dei personaggi appare dominato da un'idea ossessiva e su tutti incombe un presagio di tempesta...
Il mio voto
La mia recensione
Ci sono libri che devono essere annusati,
toccati, sfogliati e rigirati continuamente tra le mani prima di essere letti,
perché sappiamo che questi libri sono vivi, dolorosamente autentici, e leggerne
anche solo poche righe può far male. Sappiamo che le parole marchiate tra
quelle pagine corrodono l’anima e arrivano a noi come uno strappo crudele.
“Bellezza e tristezza”, romanzo di Yasunari Kawabata, primo autore giapponese
ad aver vinto nel 1968 il Premio Nobel per la Letteratura, è uno di questi.
Immensamente bello e indicibilmente triste.
Racconta la storia di Oki, scrittore di
mezza età abbastanza noto, che ha all’attivo molte pubblicazioni. Oki ha una
dimora agevole, è sposato, ha due figli ormai adulti e conduce una vita
rispettabile e tranquilla. Chiuso nella sua memoria, tuttavia, c’è un passato
sofferto e travagliato, una vita lontana e straziante, un’isola dove non è
possibile fare ritorno. Così, spinto dalla nostalgia, decide di prendere un
treno per Kyoto e di andare ad ascoltare le famose campane che suonano l’ultimo
giorno di ogni anno. Il suo viaggio, però, è un cammino a ritroso nel tempo. Il
suo scopo, infatti, non è solamente l’ascolto delle campane; la sua speranza
risiede nell’eventualità di incontrare Otoko, la sua amante di gioventù, che ora
è una nota pittrice del luogo.
L’autore ci trasporta, in questo modo, alla
scoperta dei sentimenti di Oki e ci regala un percorso psicologico onesto ed
approfondito attraverso frammenti di ricordi. Otoko aveva solo sedici anni
quando conobbe un giovane Oki già sposato e fu ingenuamente trascinata in una
relazione senza futuro, ma non aveva saputo resistere a quell’amore travolgente
e puro e aveva continuato la storia con Oki, contro il volere di sua madre e
innescando la violenta (e giustificata) gelosia della moglie dell’uomo. Ora, a
distanza di moltissimi anni, Oki avverte il desiderio insopprimibile di
rivedere Otoko, la cui figura ha descritto e idealizzato nel suo romanzo più
acclamato “La sedicenne”. Da questo viaggio si innesca una serie rada e lenta
di eventi, che fanno meditare il lettore per la loro lineare ed incisiva
importanza, quasi celata dalla normalità dei fatti.
Un intreccio decisamente non facile quello
sviluppato da Kawabata, una storia che con la sua semplicità diviene un quadro
complesso e sfaccettato. La sua storia è concreta, eppure astratta; l’amore tra
Oki ed Otoko è passionale e viscerale, eppure dolce: è pura bellezza, è pura
tristezza. Non si può sfuggire all’inevitabile: l’amore è entrambe le cose, o
niente.
In questo romanzo c’è spazio per ogni
sentimento: il rimpianto di Oki, il dolore di Otoko, la gelosia della moglie di
Oki, la sofferenza della madre di Otoko per il male inflitto alla figlia e,
infine, la vendetta. È quest’ultima a guidarci nelle vite dei protagonisti, è
la vendetta che muove e governa gli eventi. Il suo veleno viene respirato ed
assimilato, ma, a differenza di quanto ci si potrebbe aspettare, non sono i
diretti interessati a reclamarla, bensì
è un personaggio che sembrerebbe a prima vista di margine a farsi portavoce di
essa. Kawabata ci stupisce e rende l’insignificante il significato dell’intera
opera. L’autore affida a Keiko, giovane allieva di Otoko, il compito di
stravolgere le ignare esistenze e di mettere ordine tra i carnefici e le
vittime di questa storia. La vendetta che Keiko attua a favore della sua
maestra è quasi giustizia divina.
Ciò che più colpisce di “Bellezza e
tristezza” è la profondità torbida e intensa della psicologia dei personaggi.
Oki e Otoko, come tutti gli altri, sono tratteggiati magistralmente a sangue e
schiacciano il lettore con il peso della loro frana emotiva. Oki è un uomo
ambiguo e debole, uno di quei personaggi a cui si vorrebbe urlare contro per
manifestargli tutta l’indignazione che proviamo per il suo comportamento
codardo. Otoko è una donna sola e stremata, incatenata ai ricordi della sua
adolescenza rubata. Solo leggere il suo nome tra le pagine fa provare una
stretta al cuore che mozza il fiato, solo leggere le righe che riguardano gli
sviluppi della sua storia con Oki è insopportabilmente straziante; si prova
pena per la ragazza che era e dispiacere per la sua esistenza attuale. Il suo
nome racchiude totalmente il binomio “ bellezza e tristezza”. Otoko è la figura
più tragica e dolorosa di tutto il romanzo. D’altro canto, l’amore che lega
Otoko ad Oki è ciò che di più bello possa esistere. Il sentimento osservato da
Kawabata è l’unica verità che può esserci al mondo e non può sopravvivere senza
una scia di sofferenza.
Yasunari Kawabata è un maestro, non solo
della narrazione (sarebbe riduttivo), ma delle tinte e delle sfumature fosche
dell’anima. La sua storia è perfetta sotto tutti i punti di vista: l’intreccio
è efficace e sottilmente evanescente; la prosa è scorrevole, coinvolgente e
penetrante; lo stile è ricco ma moderno e, soprattutto, incredibilmente
poetico: la sua scrittura è dramma, le sue parole sono violente pugnalate
assestate con grazia. C’è qualcosa di incompiuto in questo romanzo che trova il
suo compimento nel racconto dell’assenza e così dilania il cuore.
Non esistono parole sufficienti o
sufficientemente adeguate per descrivere pienamente ciò che “Bellezza e
tristezza” è in realtà; ogni tentativo non è altro che l’espressione di una
singola angolazione. Ciononostante, posso dire con certezza che è un romanzo
degno della più grande letteratura e che merita di essere letto. Abbiamo il
dovere di concedere a questo intenso libro la possibilità di squarciarci il
petto, di strapparci il cuore con la sua inesorabile crudezza. Le lacrime pungeranno
nei nostri occhi, ma non riusciranno a scendere, perché saranno lacrime di
rabbia e disperazione e formeranno nel nostro stomaco un groviglio di emozioni
immortali. Perché “Bellezza e tristezza” è come uno specchio rotto e i
frammenti persi in noi non potranno più essere incollati.
Mi hai convinto!! L'ho messo in wish list!
RispondiElimina^^ Grazie! :)
Grazie a te ^_^ È un libro molto particolare e strano e si vede che è letteratura orientale. Spero non ti deluda!
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